VIVERE QUESTO INFERNO
N853di Kobayashi Eriko
Traduzione dal giapponese di Eleonora Blundo
Ed. Atmosphere libri, 2022- ISBN: 9788865643914- 196 pagine
A ventuno anni, Eriko Kobayashi si ritrova povera e affranta. La casa editrice per cui lavora non le garantisce un’assicurazione, né le paga gli straordinari che sono diventati una costante nella sua vita, accrescendo in lei un profondo senso di frustrazione e inutilità. Esasperata, Eriko tenta il suicidio, ma si ritrova più tardi in ospedale, priva di sensi e, soprattutto, ancora viva. Intraprende un percorso di riabilitazione presso un reparto di psichiatria che, paradossalmente, sembra alimentare le sue insicurezze e il desiderio di morire. Dopo qualche anno, su suggerimento dello staff della clinica, richiede l’assistenza sociale, ma quando vorrebbe recedere dai sussidi statali per riprendere in mano la propria vita, il sistema sanitario e quello pubblico sembrano ostacolarla. Un giorno, mentre si trova in clinica, nota la rivista di un’organizzazione non-profit. Decide di contattare la redazione per un’eventuale opportunità di lavoro. Da qui, la svolta. L’impiego part-time la aiuterà a liberarsi dall’assistenza sociale e sarà il primo passo verso la rinascita.
Accluso il manga:
La crudele storia di una editor
Poco dopo l’assunzione presso una rivista di manga a sfondo erotico, Eriko riceve diverse mansioni, che porta a termine con discreto entusiasmo, sebbene i temi principali della rivista, come l’eros, le siano piuttosto estranei. Nonostante gli incarichi aumentino, il salario rimane quello basso di sempre. La frustrazione reiterata la indurrà a tentare il suicidio con dei farmaci. Sarà una sua amica a trovarla nel suo appartamento, priva di sensi, e a chiamare i soccorsi.
Con la sua drammatica storia, Kobayashi Eriko si fa portavoce di un problema sociale tutt’oggi molto ricorrente: quello del suicidio. Il racconto suona come una denuncia nei confronti di una società che fa sentire sbagliato e fuori posto chi è in difficoltà, chi ha un problema o una disabilità, costringendolo a credere che la sua condizione sia un limite irreversibile e di non avere il diritto di condurre una vita normale.